L'aria
che si è respirata in questi giorni sembra essere uscita da un film
di Sergio Leone con Clint Eastwood come protagonista e la colonna
sonora di Ennio Morricone. Quando un uomo al Governo incontra un
cittadino con una matita vicino ad una cabina elettorale può essere
un politico finito. Tutto ciò perché votare è uno sporco
mestiere... e qualcuno lo deve pur fare. Anche se, a dir la verità,
negli ultimi anni è stato così tormentato ed afflitto che i
cittadini italiani hanno finito col considerarlo una perdita di tempo
costosa e fastidiosa. Uno dei modi utilizzati per esasperare questa
sensazione, resa sempre più ricorrente, è stato quello di invertire
l'ordine dei fattori dimostrando come, con un tocco di magia, il
prodotto cambi. I referendum sono costati qualche centinaio di
milioni di euro e qualcuno ha sostenuto che è stato uno spreco. Non
è vero. Innanzitutto, perché quei soldi sono passati dalle mani
dello Stato a quelle dei cittadini italiani, lavoratori e
disoccupati. Insomma, se sono uno spreco dovrebbe essere così anche
per i famosi €80 renziani. Non vi pare? Un altro buon motivo per
considerare ben spesi quei soldi è sapere che chi critica i
referendum si guarda molto bene dall'equipararli ai rimborsi
elettorali che rimpinguano le casse dei Partiti. Quelli sì che sono
soldi buttati via. Una volta usciti dai radar dell'Erario non
rientrano nel sistema e non vengono riutilizzati per l'economia ma
per arricchire banche, dirigenti, conti offshore e Dio solo sa
cos'altro. Di certo, essi non vengono utilizzati per pagare gli
attivisti (perché sono volontari) e nemmeno l'affitto delle sedi
(visto quello che si è scoperto nel Comune di Roma). Votare non è
un costo e dobbiamo incominciare a capirlo più che a crederlo.
Certamente, è un lavoro sporco e qualcuno lo deve pur fare. Meglio
allora che i suoi protagonisti siano i cittadini italiani piuttosto
che dei cinici politici e burocrati, ingrassati dal sudato denaro
pagato con le nostre tasche dalle tasse. Non credete?
Pier Giorgio Tomatis