Tratto da "Todos caballeros" di Pier Giorgio Tomatis, Edizioni Hogwords, pgt2011@tiscali.it
Accadde durante un
pranzo di gala prima dello svolgimento di un importante comizio. Aldo
arrivò puntuale alle dieci della mattina, presso la sede del
Comitato in piazza Cavour. Alle diciassette e trenta avrebbe dovuto
tenere un comizio in Piazza Fontana. Fece una breve visita presso i
locali della sezione socialdemocratica Pablo Neruda in Via
Montegrappa, e si recò al ristorante Larumba per consumare il pasto.
Qui venne preso di mira da un complice di Giovanni.
Allora,
cosa posso ordinare per i signori? Domandò
il ristoratore, un giovane sulla trentina, bassino e con una barba
incolta.
Stiamo
scegliendo dal menù. Risposero, più
o meno all'unisono, un paio di membri del comitato elettorale di
Aldo.
I
signori preferiscono scegliere piatto per piatto o preferiscono
fidarsi della casa? Il menù Larumba costa solo Euro trentacinque e
dà diritto a ben quindici portate. Disse e l'esca venne gettata.
L'attenzione di Aldo
si calamitò immediatamente verso di lui e lo guardò dritto dritto
negli occhi.
E quali
sono queste portate? Domandò senza il reale bisogno di sentirsi
dare una risposta particolare.
Una
lieta sorpresa. Quindici piatti di abbondanti proporzioni con
pietanze prelibate. Il ristoratore calcò volutamente il tono
della voce ed a tutti gli invitati cominciò a venire l'acquolina in
bocca.
Ci ha
convinto. Siamo tutti d'accordo? Chiese perentoriamente
Aldo e dopo una fugace occhiata a tutti i commensali ordinò. Sei
menù della casa.
Perfetto.
Rimarrete a bocca aperta. Disse ristoratore sapendo bene che non
avrebbe avuto torto.
Tornò in cucina e
dopo una decina di minuti cominciarono ad arrivare piatti e portate
con alimenti… aerofagi. Fagioli, fave, lenticchie, ceci, (da soli o
in zuppe tradizionali), cipolle, cavoli, cavoletti di Bruxelles, cime
di rapa, melanzane, carote, lupini, minestroni e passati di verdura,
maionese e salse a base di maionese, mollica di pane, pasta, brodi di
carne o fatti con dadi ed estratti di carne, formaggi fermentati o
piccanti, pepe, fritture in genere, cibi troppo freddi alternati a
troppo caldi, cibi molto grassi, ma anche piatti speziati alla
messicana, nonché frappé, panna montata, cacao, cioccolato al
latte, cioccolato fondente, cioccolato in tazza, frullati di frutta
(con o senza latte), zabaione, pasticceria fresca e secca, zucchero,
dolcificanti artificiali, marmellate, vino rosso, alcolici, bibite
gassate, aperitivi, liquidi in grande quantitativo. Dopo la grande
abbuffata, usciti dal locale, i commensali cominciarono ad avvertire
i primi fastidiosissimi disturbi. Anche Aldo. Soprattutto Aldo. Per
non correre rischi, il ristoratore gli aveva miscelato nel cibo
ventiquattro pastiglie di un medicinale che serviva a liberare il
colon irritabile da ogni pressione di origine gassosa: il Kolon Gaz
nel formato Plus (quello per casi difficili). Aldo salì sul palco
come se fosse stato ingessato dalla testa ai piedi. La sua mascella
si irrigidì. I denti si serrarono gli uni contro gli altri. Qualche
complice di Giacomo, per migliorare l’opera, gli diede delle pacche
sulle spalle. Proprio come si fa con i neonati quando gli si vuol far
fare un ruttino. Per Aldo si trattava di rischiare di aprire una
falla di mille metri di larghezza e ottantacinque in altezza sulla
grande diga delle Tre Gole, in Cina, sullo Yangtze, il grande Fiume
Azzurro. La diga più grande del mondo. I suoi collaboratori, allo
scuro delle sue condizioni fisiche lo spinsero sul palco allestito
per l’occasione. Uno di loro lo avvicinò al microfono.
Non è
importante che tu parli al microfono. Te ne sto puntando contro un
altro, omnidirezionale. Dovunque ti sposterai saremo in grado di
ascoltare la tua voce. Con la tecnologia che abbiamo allestito faremo
ascoltare a tutti i pinerolesi persino il battito di ali di una
mosca, se si troverà sul palco vicino a te. Spiegò l’uomo.
Dai ora tocca a te. Forza. Stendili tutti.
La
folla applaudì per quasi un minuto. Poi, com’è prassi, attese con
trepidazione il discorso del Leader.
Niente. Non un suono
giunse alla folla pinerolese. Credendo in un blocco dovuto al panico,
il collaboratore che si trovava più vicino a lui, lo raggiunse, gli
diede una bella pacca sulla spalla, prese il microfono ed incitò la
folla.
Amici
pinerolesi, siete così tanti che avete lasciato il futuro Senatore
senza parole. Facciamogli sentire tutto il calore della nostra città.
Urlò alla folla. Poi, si rivolse verso Aldo con un sorriso e
tornò al suo posto.
La folla tornò ad
applaudire per oltre un minuto. Dopodichè attese le parole
rivelatrici del proprio candidato.
Un suono, dapprima
appena percettibile, poi via via sempre più chiaro, cominciò ad
udirsi tra le prime file di intervenuti. Pensando che si trattasse di
una trovata musicale a sorpresa, il tecnico del suono alzò il volume
dell’amplificatore al massimo livello.
Che
cos’è? Domandò una donna tra la folla.
Sembra
un fischio… Gli fece eco un giovane.
Si. Si
tratta proprio di un fischio. Confermò un altro.
E’ il
nuovo inno del Partito. Esclamò uno dei più esagitati.
Si.
Fischiamolo tutti insieme. Disse la donna.
Con le orecchie
puntate verso le casse disposte sotto il palco, la folla cercava di
udire il motivo per poterlo fischiettare orgogliosamente insieme a
tutti gli altri simpatizzanti. Il suono, però, se da un lato
sembrava che andasse verso un crescendo, dall’altro pareva proprio
che non avesse una melodia vera e propria. Anzi, più che un giro di
note si trattava di una sola. Continua. Crescente.
Ma che
succede? Domandò la donna.
Sembra
che il fischio diventi più forte… Disse un uomo.
Non è
un fischio… Esclamò un terzo mentre il suono stava diventando
sempre più assordante e si era trasformato in una miscela esplosiva
di bassi ed acuti tanto che le vibrazioni prodotte dalle casse fecero
tremare il suolo e frantumarono qualunque vetro si trovasse nel
raggio di un centinaio di metri.
E’ il
terremoto. Urlò la donna.
E fu un parapiglia.
La folla si disperse in mille e più rivoli. La gente impaurita
scappò verso le strade adiacenti e si rischiò seriamente che
qualcuno potesse essere investito dalle automobili di passaggio.
Quell’orribile suono che aveva causato tutto quello sconquasso durò
per altri trecento lunghissimi secondi. Poi, così come
inspiegabilmente era comparso sparì. Smise di infastidire le
orecchie dei pinerolesi. A quel punto, e solo a quel punto, tutti si
ricordarono di Aldo, il quale era rimasto rigido, impietrito, in
piedi sul palco. Non aveva mosso un muscolo. Il marasma generale lo
aveva lasciato indifferente. Come colti da una visione apocalittica,
i suoi fedelissimi interpretarono quel fatto come un ulteriore
dimostrazione del grande sangue freddo di Aldo e tornarono a gremire
la piazza.
Aldo.
Parlaci. Dicci Qualcosa. Disse un ragazzo.
Si. Tu
che non hai avuto paura di nulla. Esclamò una donna.
Parlaci.
Urlarono all’unisono un gruppo di ammiratrici proprio sotto il
palco.
Aldo, il quale sino
ad allora era rimasto pressoché immobile, si avvicinò al microfono.
Lo prese saldamente con la mano destra. Un suo collaboratore gli
arrivò alle spalle e gli diede una pacca. La falla si allargò. La
diga si frantumò e fu travolta dalla potenza dell’acqua. Un rutto
bestiale, come non si era mai udito dalla notte dei tempi, fuoriuscì
dalla sua bocca. I pinerolesi ascoltarono un suono simile a quello
prodotto da una mandria di bisonti al galoppo. Non appena ebbe
finito, Aldo sembrò come rinato e con grande serenità parlò ai
suoi elettori.
Sto
bene. Ora sto proprio bene. Esclamò.