giovedì 2 ottobre 2014

Evasione legale

E' curioso che ogni Governo (tecnico o politico) che si è insediato in questi anni in Italia abbia dichiarato di considerare prioritaria la lotta all'evasione fiscale. A questo proposito si è dato una stretta all'uso del contante (che non ha impedito alla criminalità organizzata di fare affari o alle grandi aziende e i soliti noti di corrompere e concutere). Nessuno ha fatto nulla per impedire alle aziende (ad esempio banche o colossi multinazionali) di pagare le tasse su ciò che producono, commerciano e vendono in Italia. Sto parlando di Ebay e Amazon che le tasse le pagano in Lussemburgo, Azimut che grazie alla filiale lussemburghese Az Fund Management ha pagato solo il 15% delle tasse. Sto parlando di Generali, di Banca Fideuram e Mediolanum che però hanno preferito l’Irlanda, con un prelievo fiscale del 12,5%. E anche altri grandi nomi dell'industria italiana, da Eni ad Enel che i soldi li acquisiscono in Italia ma li li investono all'estero senza riportarli più indietro. La stessa Banca d'Italia ha una sede alle Isole Cayman non credo solo per rappresentanza. Le banche italiane dovrebbero versare allo Stato circa 5 miliardi di euro, per imposte non pagate e per operazioni finanziarie sospette finalizzate ad eludere il fisco. Stiamo parlando di Intesa Sanpaolo e le sue controllate, Banca Imi, Monte dei Paschi di Siena e alcune Banche Popolari. La prima ha dovuto versare allo Stato 270 milioni, a fronte di contestazioni per 1,15 miliardi tra imposte evase, interessi e sanzioni. Viene da chiedersi se i calcoli e le supposizioni del Fisco non siano veritieri (e allora siamo di fronte ad un grosso problema di incompetenza) o se questo “sconto” ha qualche altra ragion d'essere che non interessi la Magistratura (quale?). Sempre Banca Intesa (un nome, una garanzia “fiscale”) è stata controllata a settembre dall’Agenzia per finanziamenti stipulati all’estero e contratti di finanza strutturata tra il 2008 e il 2010. Monte dei Paschi di Siena (sì, proprio quella recentemente colpita da scandali finanziari) si è vista contestare dal Fisco una cessione di partecipazione del 2005, quando la banca non avrebbe potuto godere dell’esenzione fiscale sulle plusvalenze realizzate, che è stata formalizzata solamente nel 2006. Unicredit ha già versato all’Agenzia delle Entrate 264 milioni di euro per tasse non pagate ma rimane ancora indagata per una frode fiscale di 245 milioni (era stato accusato e rinviato a giudizio l’ex amministratore delegato, Alessandro Profumo, che ora è ora presidente di Mps). Pochi anni fa, poi, la procura della Corte dei conti aveva contestato a 10 società concessionarie delle new slot e a tre dirigenti dei Monopoli di Stato un danno erariale di 98 miliardi. Il motivo di tale richiesta era che le slot, per funzionare correttamente ed essere controllate, si sarebbero dovute collegare a un cervellone centrale gestito dalla Sogei, la società di servizi informatici del ministero dell’economia  per decifrare l’ammontare delle entrate derivanti dal gioco e le tasse da pagarci. Tra il 2004 e il 2006, su oltre 200 mila apparecchiature da gioco (slot, videopoker e altro) quelle non connesse in rete erano 130 mila (il 65%). Le 10 concessionarie erano Atlantis/B-plus, Cogetech, Snai, Lottomatica, Hbg, Cirsa, Codere, Sisal, Gmatica e Gamenet. Lo Stato è sceso a patti con i Concessionari liquidando l'intera faccenda con una richiesta irrisoria (meno dell'1%). Il Colonnello U. Rapetto, che era il titolare dell'inchiesta, è stato rimosso dal GAT e gli è stato ordinato di frequentare i corsi nella scuola in cui insegnava. Ovviamente, ha salutato tutti i colleghi e si è dimesso. Con lui evapora anche TUTTA la credibilità che può  avere un Governo in Italia (di qualsiasi colore) che dica di voler lottare seria nostro Paese, il problema non è più  quello di sottrarre soldi all'erario ma l'IMPUNITA' di cui si gode nel farlo. E di questo solo in pochi ne parlano.






lunedì 16 giugno 2014

Nessun dorma



Alla politica italiana, alla luce degli scandali dell'EXPO e del MOSE (prossimamente anche il TAV?), veniva richiesto a gran voce un segnale sulla strada della lotta alla corruzione. Puntuale, preciso e spedito, una “viva e vibrante” risposta è arrivata. La Camera dei Deputati ha approvato un provvedimento che inasprisce la responsabilità della Magistratura permettendo a chiunque di chiedere il risarcimento dei danni subiti dalla Giustizia (per manifesta violazione di un diritto e non solo per dolo o colpa grave) direttamente ai suoi attori e non, come avviene oggi, in maniera indiretta (e cioè con il tramite dello Stato). Quale potrà essere la naturale conseguenza di questo fatto? Difficile dirlo. Certamente, una pesante ombra cala sui vincitori delle ultime elezioni (il provvedimento è passato anche con i voti di una buona parte del PD) e sul Governo. Del resto, il premier Renzi aveva recentemente affermato che il problema della corruzione in Italia non era dovuto ad un deficit di regole ma alla presenza di “ladri” nelle file dei partiti. A tratti, questa dichiarazione ricorda quella di G. W. Bush allo scoppiare degli scandali finanziari di inizio secolo che coinvolsero (e travolsero) colossi dell'economia statunitense come la Lehman Brothers. L'ex Presidente USA spiegò che il sistema andava bene, che era forte ma che in esso si trovavano delle “mele marce”. L'immagine evocativa dei migliori concetti dell'agricoltura (l'albero è sano ma va potato di rami e frutti che lo indeboliscono) colpì l'opinione pubblica e venne ripreso da quasi tutti gli organi d'informazione. A distanza di più di un decennio un italiano (il Premier) riprende questo leit motiv e anziché affrontare il problema con il suo solito piglio (lui stesso si definisce un politico del “fare”) tentenna e minimizza lasciando a noi operatori dell'informazione il sospetto che a risolvere questo grattacapo non possa essere la politica (che evidentemente non può o non vuole farlo), né la popolazione (che ha riconfermato questa classe dirigente) ma ancora una volta la Magistratura. A tutt'oggi, è l'anello debole della catena che deve farsi carico della solidità della legatura. Per il suo stesso bene.

La breve polemica tra Giovanni Papini e Julius Evola





Giovanni Papini (1881-1956) e Julius Evola (1898-1974) si conobbero durante la breve esperienza papiniana di adesione al Futurismo, il movimento artistico creato nel 1909 dal vulcanico Filippo Tommaso Marinetti.
Il futuro scrittore cattolico, già reduce dalle esperienze di importanti riviste come il Leonardo e Lacerba, dopo avere esplorato tutte le dottrine e tutti i sistemi filosofici, era rimasto assai affascinato dal vitalismo antipassatista di Marinetti.
Negli anni in cui fu vicino ai futuristi, Papini incontrò il giovane Evola: fu l’incontro tra due studiosi di filosofia, tra un letterato ed un pittore, tra un umanista e un dadaista, insomma, tra due spiriti estremamente eclettici.
Papini, in quegli anni, era passato dalla filosofia classica tedesca a quella dell’esistenzialismo, e aveva scritto un’importante opera dal titolo Il crepuscolo dei filosofi.
Evola, invece, si era immerso nello studio delle filosofie orientali, soprattutto buddiste, induiste e cinesi, con una particolare attenzione per gli aspetti esoterici, magici e mitologici.
Quindi, il comune amore per la filosofia fu il principale terreno del loro incontro, ma occorre rilevare che, per breve tempo, ebbero convergenze anche su tematiche artistiche: Evola, come ben si sa, era pittore ed era considerato il maggiore rappresentante italiano del Dadaismo, mentre Papini, sin dai primissimi anni della sua attività letteraria, da buon fiorentino, aveva sempre nutrito un forte interesse per le arti figurative.
Quando Papini, terminata la brevissima parentesi delle sue simpatie futuriste, nel 1919 abbracciò la fede cattolica (al termine di un lungo, sofferto e tormentato calvario di ricerca spirituale) e divenne uno scrittore cristiano a tutti gli effetti, Evola, che in quegli anni immediatamente successivi alla fine della Grande Guerra era ferocemente anticattolico e molto paganeggiante, non poté che condannare con astio, coerentemente alle idee che professava, la scelta papiniana.
E quando lo scrittore fiorentino, nel 1921, fece pubblicare la celebre Storia di Cristo, Evola, inizialmente, si rifiutò di leggere il libro, manifestando un aspro disgusto per quello che, a suo dire, era stato uno spreco di attività cerebrale e di carta stampata.
In effetti, dopo quel breve avvicinamento dovuto al comune interesse per il Futurismo, entrambi avevano intrapreso strade diversissime, così come diverse e inconciliabili erano le loro esperienze culturali, le loro concezioni ideali, i loro temperamenti e i loro interessi spirituali e religiosi.
Verso la metà degli Anni Venti, Evola scrisse i saggi poi raccolti in Imperialismo Pagano, che vennero pubblicati in volume nel 1927, cioè, sei anni dopo l’uscita della Storia di Cristo, libro che, nel frattempo, aveva ottenuto uno strepitoso successo editoriale, vendendo decine di migliaia di copie e facendo di Papini uno scrittore noto a livello internazionale.
Papini, vorace e onnivoro lettore ma polemista incallito, stroncatore furibondo e vero e proprio “guerrigliero intellettuale”, lesse il libro di Evola e ne restò non solo disgustato, ma, addirittura, inorridito. Dopo la sua conversione al cattolicesimo, i suoi interessi erano divenuti quelli di un vero e proprio scrittore cristiano: studio e meditazione della Bibbia e dei Vangeli, letture edificanti di vite di santi e di opere polemiche, dottrinali ed esegetiche dei Padri della Chiesa.
Risulta dunque ovvio che, un libro come quello di Evola, così ferocemente anticristiano e così esaltatore nei confronti della religione pagana e della Tradizione gentile dell’antico mondo romano, non poteva che suscitare il risentimento di Papini.
In uno dei suoi taccuini, lo scrittore fiorentino bollò l’ex-amico filosofo come un “lurido pagano”, mentre Evola pare che abbia commentato, all’uscita della Storia di Cristo (che si era categoricamente rifiutato di leggere), che era opera di un “papista disgustoso” che, purtroppo, aveva avuto la sventura di conoscere.
Tuttavia, successivamente, Evola lesse la Storia di Cristo, come afferma nel breve saggio intitolato Papini, pubblicato nel suo volume miscellaneo intitolato Ricognizioni. Uomini e problemi, dove a proposito del capolavoro papiniano, così sentenzia:
Solo assai tardi leggemmo, in un ospedale, la Vita di Cristo. Ebbene, rimanemmo sbalorditi del fatto che un libro del genere avesse potuto essere un “successo” e, ancor più, che la Chiesa avesse potuto tanto valorizzarlo e raccomandarlo. Esso ci sembra costituire la prova più evidente che nessuna vera, profonda crisi spirituale sia stata alla base della “conversione” di Papini, che al massimo in essa può aver agito una rinuncia interiore, il bisogno di pacificarsi e di rendersi le cose più facili traendo da un corpo fisso di credenze quelle certezze che non aveva saputo trovare dopo la fase iconoclasta. Perché in questo libro nulla vi è di trasfigurante e di trasfigurato, non si avverte il minimo mutamento di sostanza umana, uguale è lo stile, nulla vien colto o dato come dimensione più profonda del cattolicesimo e dei suoi miti: è una banale apologetica in base ai dati più esteriori, catechistici e sentimentali del cristianesimo”.
Così, nel 1927, le strade dei due grandi intellettuali italiani si divisero per sempre, in un clima di fredda avversione e di fastidio reciproco, e non si incrociarono più.
Giovanni Papini morì cieco e semi-paralizzato nel luglio del 1956, Evola morì paralitico (fu vittima di un bombardamento, nel 1945, durante l’occupazione di Vienna da parte delle armate sovietiche) nel giugno del 1974.

Dalla fine degli Anni Venti non si erano più incontrati, né frequentati: eppure entrambi, pur operando su fronti culturali diametralmente opposti, furono due tra i maggiori scrittori italiani del Novecento.

mercoledì 14 maggio 2014

NUDI ALLA META…Ma anche in casa???


Di Provocator (A.C.)



Dopo aver affrontato e criticato nel mio precedente articolo la sconsiderata diffusione dei body scanner non solo negli aeroporti, ma ora anche nei negozi di abbigliamento angloamericani (con la scusa di mettere a disposizione di ignari e superficiali clienti un servizio per trovare più efficacemente abiti adatti alla propria corporatura), vorrei portare alla vostra attenzione un altro aspetto di tale “simpatica” violazione della nostra privacy: quello legato ai televisori di nuova generazione, privi di telecomando “classico”.
Vedo già facce incuriosite di persone che a questo punto si staranno chiedendo che cosa centrano i nuovi televisori con i body scanner.
Prima però di lanciare anche questa volta una provocazione per far riflettere i lettori, vorrei segnalare un’importante notizia a complemento delle informazioni date la scorsa puntata.
Va infatti riportato che a seguito del nostro ultimo articolo, pochi giorni dopo, la questione è stata ripresa dal settore News del sito libero.it, dove è stato scritto che, da questo ottobre, i 12 body scanner dell’aeroporto di Manchester saranno dismessi, in conformità con la decisione dell’Unione Europea di SOSPENDERE l’uso di tali tecnologie, poiché le due tipologie di simili apparati in questione potrebbero emettere radiazioni pericolose per l’uomo, in quanto cancerogene.
Tale notizia, confermata in Gran Bretagna anche dal noto sito della BBC (www.bbc.co.uk), fa rabbrividire e ancora una volta meditare su quali siano i reali “vantaggi” (per le aziende produttrici e non certo per la sicurezza della gente comune) apportati dalla diffusione di tali macchinari.
Ma torniamo ai televisori.
Ancora oggi in tutte le nostra case, seduti sui nostri divanetti, controlliamo il volume e la luminosità, cambiamo canale, facciamo “zapping” sui nostri televisori semplicemente premendo i tasti del nostro telecomando. Da domani questa scatoletta con i tasti colorati andrà in pensione. Questa è la notizia buona… e quella cattiva?
Quella cattiva è che nei televisori stanno introducendo sempre più massicciamente (con la scusa che il vecchio telecomando può cadere e rompersi…) il cosiddetto controllo remoto GESTUALE. In buona sostanza con il semplice gesto della nostra mano sventagliata nell’aria, mossa da destra a sinistra o aperta con il palmo verso lo schermo televisivo oppure chiusa improvvisamente, potremo accedere al menù del televisore, selezionare una funzione, variare i programmi e altro.
Fantascienza? No, realtà: come dimostrano già gli apparecchi più avanzati, commercializzati da una famosa compagnia coreana.
La questione è che per poter fare tutto ciò e obbedire ai movimenti e ai gesti del nostro corpo, tali televisori sono e saranno dotati di 2/3 visori 3D intelligenti, in grado di vedere e riconoscere la presenza e gli spostamenti delle persone in sala, davanti allo schermo!!!
Insomma ci stiamo avvicinando al famoso display nero descritto e paventato nel celebre libro “1984” di Orwell, presente in tutte le case al fine di sorvegliare ogni famiglia…
Il passaggio successivo potrebbe essere -e di sicuro qualche “controllore dell‘umanità” l’ha già pensato- che tali apparecchi inviino in modo autonomo, a nostra insaputa, ad una Centrale di Controllo (chiamiamola così..) l’indicazione della presenza di persone nei vari alloggi, durante il corso della giornata.
E quindi? Quindi mi tengo il mio vecchio televisore..e quando non funzioni più, non ne comprerò uno nuovo! Voi fate come volete….io vi ho avvertito…


martedì 13 maggio 2014

In ricordo di Arnoldo Foà, maestro di teatro e poesia




Arnoldo Foà è morto alla bella età di 98 anni. Una lunga vita dedicata all’arte teatrale e alla poesia. La sua personalità titanica, la sua voce dal timbro inconfondibile, ha fatto di lui uno tra i maggiori attori italiani di prosa. Tra i suoi moltissimi lavori per il teatro, il cinema e la televisione, lo vogliamo ricordare, soprattutto, per la magistrale e insuperabile interpretazione di Sir Daniel Brackley, nello sceneggiato televisivo “La Freccia Nera”, tratto dall’omonimo romanzo di Robert Luis Stevenson. Lo sceneggiato andò in onda, in bianco e nero, nel remoto 1968: io, allora, avevo appena quattro anni, ma non mi persi una sola delle sette puntate e canticchiavo a memoria la canzone delle Frecce Nere. Gli atteggiamenti di burbero e di spietato, messi in campo da Foà per interpretare il signorotto dispotico Daniel Brackley, furono eccezionali, tanto da lasciarlo nell’immaginario televisivo di tutti noi. Foà, come uomo di teatro, fu anche un eccellente interprete del teatro tragico di Vittorio Alfieri: vestì i panni di Agamennone e quelli di Saul ed ottenne un più che meritato successo. Grande appassionato di poesia, Foà non disdegnava i recital poetici: io ebbi occasione di intervistarlo nel 2002, durante una delle sue partecipazioni alle serate culturali di “Cantalibri”. Dietro al suo atteggiamento di burbero c’era un uomo coltissimo, un grande affabulatore, un attore di razza, un uomo intelligente, vigoroso e di gran carattere. Addio, Arnoldo: a tutti noi, appassionati di teatro e poesia, la tua voce inconfondibile ci mancherà davvero molto, e grazie di cuore per aver dato tanto lustro al teatro italiano.


Fabrizio Legger

sabato 19 aprile 2014

10 scherzi, 10 scuse, 10 gesti e 10 disagi






10 scherzi innocenti da fare ai colleghi
1. Il petafono sotto la sedia del capo quand’è in riunione
2. Caramelle al peperoncino per il collega goloso
3. Esplodere un raudo a pochi metri dalla macchina a metano del collega che vuol far carriera a tutti i costi
4. Salviettina puzzolente nella borsetta della collega vamp
5. Finte telefonate erotiche alla segretaria
6. Sigarette esplosive per il collega che ve le scrocca sempre
7. Screen saver porno al collega lecchino che presenta il suo lavoro ai superiori
8. Segare le gambe della seggiola al collega comodo
9. Specchietto che si rompe per la collega brutta
10. Caffè scorretto (quello che fa venire il mal di pancia), per il solito caffeinomane
10 scuse per evitare la fila ad uno sportello pubblico
1. Manifestate palesemente di avere un tic alla gamba e quindi colpite violentemente e ripetutamente chi vi sta davanti
2. Masticate una becca d’aglio e dite che la fila vi innervosisce e dovete fare respirazione yoga
3. “Hey qui fuori stanno facendo la multa a tutti”
4. Scusi come si chiama? Ah è proprio lei che stanno cercando al piano di sotto. Come fa di cognome? Appunto.
5. “Cavolo ho lasciato il gas aperto, la prego, farebbe un gesto eroico a farmi passare, salverebbe un palazzo”
6. Dite che siete appena tornati da un viaggio nell’Africa Nera e cominciate a tossire grattandovi dappertutto
7. “Gente voi ve ne state tutti qui tranquilli ma lì fuori sta succedendo il finimondo”
8. “Io non capisco come mai stanno tutti in fila qui quando hanno aperto la cassa lì infondo”
9. Vaporizzate del gas paralizzante (ricordatevi di indossare una mascherina)
10. Dite di avere un proiettile all’uranio impoverito in tasca con cui volete abbattere la mucca pazza che sta proprio fuori dalla porta. Scapperanno tutti.
10 gesti automatici che si fanno appena si vede una volante
1. Rallentare di colpo
2. Fare la faccia indifferente
3. Guardare da un'altra parte
4. Allacciare le cinture
5. Abbassare la radio
6. Ripetersi mentalmente parole del tipo "Sobrio" o "tranquillo"
7. Massima attenzione alla segnaletica stradale
8. Fare mente locale se si hanno tutti i documenti in regola
9. Mettersi in una posizione di guida composta
10. Sistemare qualsiasi cosa fuori posto
 

10 disagi delle nuove tecnologie

1. Le interferenze del telefonino sulle casse della radio
2. Le interferenze della privacy quando squilla il cellulare al bagno
3. La sveglia che non suona perché è andata via la luce
4. Perdere il lavoro di una vita per non aver salvato
5. Windows
6. I call center a comando vocale sordi come una campana
7. Le vie crucis da un bancomat all’altro dopo la mezzanotte
8. Il bombardamento delle schede pirata nel momento culminante di un film porno
9. I pirati che vi clonano le carte di credito via Internet
10. I cani meccanici


domenica 13 aprile 2014

La diga

Tratto da "Todos caballeros" di Pier Giorgio Tomatis, Edizioni Hogwords, pgt2011@tiscali.it


Accadde durante un pranzo di gala prima dello svolgimento di un importante comizio. Aldo arrivò puntuale alle dieci della mattina, presso la sede del Comitato in piazza Cavour. Alle diciassette e trenta avrebbe dovuto tenere un comizio in Piazza Fontana. Fece una breve visita presso i locali della sezione socialdemocratica Pablo Neruda in Via Montegrappa, e si recò al ristorante Larumba per consumare il pasto. Qui venne preso di mira da un complice di Giovanni.

Allora, cosa posso ordinare per i signori? Domandò il ristoratore, un giovane sulla trentina, bassino e con una barba incolta.

Stiamo scegliendo dal menù. Risposero, più o meno all'unisono, un paio di membri del comitato elettorale di Aldo.

I signori preferiscono scegliere piatto per piatto o preferiscono fidarsi della casa? Il menù Larumba costa solo Euro trentacinque e dà diritto a ben quindici portate. Disse e l'esca venne gettata.
L'attenzione di Aldo si calamitò immediatamente verso di lui e lo guardò dritto dritto negli occhi.
E quali sono queste portate? Domandò senza il reale bisogno di sentirsi dare una risposta particolare.
Una lieta sorpresa. Quindici piatti di abbondanti proporzioni con pietanze prelibate. Il ristoratore calcò volutamente il tono della voce ed a tutti gli invitati cominciò a venire l'acquolina in bocca.
Ci ha convinto. Siamo tutti d'accordo? Chiese perentoriamente Aldo e dopo una fugace occhiata a tutti i commensali ordinò. Sei menù della casa.
Perfetto. Rimarrete a bocca aperta. Disse ristoratore sapendo bene che non avrebbe avuto torto.
Tornò in cucina e dopo una decina di minuti cominciarono ad arrivare piatti e portate con alimenti… aerofagi. Fagioli, fave, lenticchie, ceci, (da soli o in zuppe tradizionali), cipolle, cavoli, cavoletti di Bruxelles, cime di rapa, melanzane, carote, lupini, minestroni e passati di verdura, maionese e salse a base di maionese, mollica di pane, pasta, brodi di carne o fatti con dadi ed estratti di carne, formaggi fermentati o piccanti, pepe, fritture in genere, cibi troppo freddi alternati a troppo caldi, cibi molto grassi, ma anche piatti speziati alla messicana, nonché frappé, panna montata, cacao, cioccolato al latte, cioccolato fondente, cioccolato in tazza, frullati di frutta (con o senza latte), zabaione, pasticceria fresca e secca, zucchero, dolcificanti artificiali, marmellate, vino rosso, alcolici, bibite gassate, aperitivi, liquidi in grande quantitativo. Dopo la grande abbuffata, usciti dal locale, i commensali cominciarono ad avvertire i primi fastidiosissimi disturbi. Anche Aldo. Soprattutto Aldo. Per non correre rischi, il ristoratore gli aveva miscelato nel cibo ventiquattro pastiglie di un medicinale che serviva a liberare il colon irritabile da ogni pressione di origine gassosa: il Kolon Gaz nel formato Plus (quello per casi difficili). Aldo salì sul palco come se fosse stato ingessato dalla testa ai piedi. La sua mascella si irrigidì. I denti si serrarono gli uni contro gli altri. Qualche complice di Giacomo, per migliorare l’opera, gli diede delle pacche sulle spalle. Proprio come si fa con i neonati quando gli si vuol far fare un ruttino. Per Aldo si trattava di rischiare di aprire una falla di mille metri di larghezza e ottantacinque in altezza sulla grande diga delle Tre Gole, in Cina, sullo Yangtze, il grande Fiume Azzurro. La diga più grande del mondo. I suoi collaboratori, allo scuro delle sue condizioni fisiche lo spinsero sul palco allestito per l’occasione. Uno di loro lo avvicinò al microfono.
Non è importante che tu parli al microfono. Te ne sto puntando contro un altro, omnidirezionale. Dovunque ti sposterai saremo in grado di ascoltare la tua voce. Con la tecnologia che abbiamo allestito faremo ascoltare a tutti i pinerolesi persino il battito di ali di una mosca, se si troverà sul palco vicino a te. Spiegò l’uomo. Dai ora tocca a te. Forza. Stendili tutti.
La folla applaudì per quasi un minuto. Poi, com’è prassi, attese con trepidazione il discorso del Leader.
Niente. Non un suono giunse alla folla pinerolese. Credendo in un blocco dovuto al panico, il collaboratore che si trovava più vicino a lui, lo raggiunse, gli diede una bella pacca sulla spalla, prese il microfono ed incitò la folla.
Amici pinerolesi, siete così tanti che avete lasciato il futuro Senatore senza parole. Facciamogli sentire tutto il calore della nostra città. Urlò alla folla. Poi, si rivolse verso Aldo con un sorriso e tornò al suo posto.
La folla tornò ad applaudire per oltre un minuto. Dopodichè attese le parole rivelatrici del proprio candidato.
Un suono, dapprima appena percettibile, poi via via sempre più chiaro, cominciò ad udirsi tra le prime file di intervenuti. Pensando che si trattasse di una trovata musicale a sorpresa, il tecnico del suono alzò il volume dell’amplificatore al massimo livello.
Che cos’è? Domandò una donna tra la folla.
Sembra un fischio… Gli fece eco un giovane.
Si. Si tratta proprio di un fischio. Confermò un altro.
E’ il nuovo inno del Partito. Esclamò uno dei più esagitati.
Si. Fischiamolo tutti insieme. Disse la donna.
Con le orecchie puntate verso le casse disposte sotto il palco, la folla cercava di udire il motivo per poterlo fischiettare orgogliosamente insieme a tutti gli altri simpatizzanti. Il suono, però, se da un lato sembrava che andasse verso un crescendo, dall’altro pareva proprio che non avesse una melodia vera e propria. Anzi, più che un giro di note si trattava di una sola. Continua. Crescente.
Ma che succede? Domandò la donna.
Sembra che il fischio diventi più forte… Disse un uomo.
Non è un fischio… Esclamò un terzo mentre il suono stava diventando sempre più assordante e si era trasformato in una miscela esplosiva di bassi ed acuti tanto che le vibrazioni prodotte dalle casse fecero tremare il suolo e frantumarono qualunque vetro si trovasse nel raggio di un centinaio di metri.
E’ il terremoto. Urlò la donna.
E fu un parapiglia. La folla si disperse in mille e più rivoli. La gente impaurita scappò verso le strade adiacenti e si rischiò seriamente che qualcuno potesse essere investito dalle automobili di passaggio. Quell’orribile suono che aveva causato tutto quello sconquasso durò per altri trecento lunghissimi secondi. Poi, così come inspiegabilmente era comparso sparì. Smise di infastidire le orecchie dei pinerolesi. A quel punto, e solo a quel punto, tutti si ricordarono di Aldo, il quale era rimasto rigido, impietrito, in piedi sul palco. Non aveva mosso un muscolo. Il marasma generale lo aveva lasciato indifferente. Come colti da una visione apocalittica, i suoi fedelissimi interpretarono quel fatto come un ulteriore dimostrazione del grande sangue freddo di Aldo e tornarono a gremire la piazza.
Aldo. Parlaci. Dicci Qualcosa. Disse un ragazzo.
Si. Tu che non hai avuto paura di nulla. Esclamò una donna.
Parlaci. Urlarono all’unisono un gruppo di ammiratrici proprio sotto il palco.
Aldo, il quale sino ad allora era rimasto pressoché immobile, si avvicinò al microfono. Lo prese saldamente con la mano destra. Un suo collaboratore gli arrivò alle spalle e gli diede una pacca. La falla si allargò. La diga si frantumò e fu travolta dalla potenza dell’acqua. Un rutto bestiale, come non si era mai udito dalla notte dei tempi, fuoriuscì dalla sua bocca. I pinerolesi ascoltarono un suono simile a quello prodotto da una mandria di bisonti al galoppo. Non appena ebbe finito, Aldo sembrò come rinato e con grande serenità parlò ai suoi elettori.

Sto bene. Ora sto proprio bene. Esclamò.

venerdì 11 aprile 2014

Le peggiori frasi da dire per rimorchiare una ragazza al primo appuntamento: frasi da intorto e da conquista




1. Il tuo vestito starebbe benissimo sul pavimento accanto al mio letto.
2. Forse non sono il più bell'uomo qua dentro, ma sono l'unico che ti sta parlando.
3. Perché non ti siedi qui sulle mie ginocchia e parliamo un po’ del più e del meno?
4. Posso offrirti qualcosa da bere o vuoi direttamente i soldi?
5. Sono nuovo qui in città. Potresti indicarmi dove si trova casa tua?
6. Avrai le gambe stanche, visto che hai attraversato la mia mente tutta la notte.
7. Se ti dicessi che hai proprio un bel corpo tu lo terresti attaccato al mio?
8. (guardando l’etichetta del suo vestito) Volevo vedere se eri stata fatta in paradiso.
9. Se la tua gamba destra si chiamasse Pasqua e quella sinistra Natale, mi faresti passare un bel periodo tra le vacanze?
10. (una romantica) Tuo padre era per caso un ladro? Perché qualcuno ha rubato le stelle dal cielo e le ha messe nei tuoi occhi.
11. Ti ho già forse visto da qualche parte? Forse non ti riconosco perché hai i vestiti addosso.
12. Conosci la differenza essenziale tra sesso e conversazione?
13. Mi piacciono le tue pesche, vorrei dare una scossa all’albero.
14. Credi nell'amore a prima vista o devo uscire e rientrare in questa stanza?
15. Faresti il mio buffet dell’amore? Così che potrei stenderti sul tavolo e prendere ciò che più mi piace?
16. Posso flirtare con te?
17. Amo ogni muscolo nel tuo corpo. Specialmente il mio.
18. Da te o da me?
19. Scusa, abbiamo per caso frequentato scuole diverse?
20. Oh! I vestiti che indossi starebbero magnificamente bene appallottolati in un mucchietto sul pavimento della mia camera da letto!
21. Che bel corpo! Sai cosa ti starebbe bene addosso? Me!
22. Sono veramente curioso di sapere come sei quando sono nudo.
23. Mi piacerebbe che fossi una porta, così potrei sbatterti tutto il giorno.
24. (Dopo averle leccato la maglietta) "Perché non ti togli questi vestiti umidi?"
25. Belle gambe... A che ora aprono?
26. Lo sai, se fossi te, farei sesso con me.
27. Ti va una pizza e poi un po' di sesso?
Nooooo!!!
Non ti piace la pizza?
28. Scopami se sbaglio, ma il tuo nome non è Genoveffa?
29. Il mio nome è Franco. Ricordalo, lo urlerai più tardi...
30. Che suolo impolverato qui... Vuoi scopare?
31. (Mentre lei mangia il gelato): -Posso dare una leccata?
-Nooooo!!
E al gelato?
32. Ehi, piccola, vogliamo riprodurci?
33. Allora, che fai nella vita, oltre ad eccitare gli uomini e renderli pazzi di desiderio?
34. Tu credi all'amore a prima vista o hai bisogno di qualche occhiata in più?
35. Mi scusi ma sono un po' a corto di contanti: non le spiace se prendiamo lo stesso taxi per andare a casa?
36. Sai qual è la differenza fondamentale tra parlare e fare sesso? (lei risponde di no) Andiamo di là e parliamone.
37. Conosco un modo fantastico per bruciare tutte le calorie del pasticcino che hai appena mangiato!
38. Ti dispiace se ti fisso insistentemente da vicino, invece che dall'altra parte della stanza?
39. Hai del rossetto sul tuo canino destro. Ti secca se te lo lecco via io?
40. Sono un donatore di organi. Serve niente?
41. (sospirando e facendo l'occhio triste) Ereditare 2 miliardi non significa poi un granché quando si ha un cuore così debole...
42. Hai mai baciato un coniglio tra le orecchie? (estraete le vostre tasche dai pantaloni) Vuoi provare?
43. Sai chi è che fa l'occhiolino e scopa come una tigre? (lei risponde di no. voi fate l'occhiolino)
44. Se non fossi così romantico ti scoperei subito.
45. Dimmi tutto di te. Mi piace farmi vedere mentre converso con una sventola.
46. Riesco a pettinarmi i capelli con la lingua. (D. Luttazzi)
47. Hai già un ragazzo? Bene, potrà pagarci il conto.


venerdì 4 aprile 2014

GANDHI



"... Un quinto della razza umana è stato posto sotto lo stivale britannico con mezzi inaccettabili.
La nostra resistenza a questa oppressione non significa che noi vogliamo del male al popolo britannico.
Noi cerchiamo di convertirlo, non di batterlo sul campo di battaglia. La nostra rivolta contro il dominio britannico è fatta senza armi.
Ma che noi si riesca a convertire o meno i britannici, siamo comunque decisi a rendere il loro dominio impossibile con la non cooperazione non violenta.
Si tratta di un metodo invincibile per sua natura. Si basa sul fatto che nessun sfruttatore potrà mai raggiungere il suo scopo senza un minimo di collaborazione,volontaria o forzata, da parte della vittima: i nostri padroni possono possedere le nostre terre e i nostri corpi, ma non le nostre anime.
Essi non possono possedere queste ultime che sterminando tutti gli indiani, uomini, donne e bambini.
E' vero che tutti non possono elevarsi a tale grado di eroismo e che la foza può disperdere la rivolta, ma non è questa la questione....
...Con la tecnica della non violenza, come ho detto, la sconfitta non esiste.
Si tratta di un "agire senza uccidere nè ferire".
Essa può essere utilizzata praticamente senza denaro e senza l’aiuto di quella scienza della distruzione che voi avete portato a un tale grado di perfezione...
Non lascerete al vostro popolo un’eredità di cui potrà andare fiero. Non potrà andare orgoglioso raccontando atti crudeli, anche se abilmente preparati..."

                                                   
   ( MAHATMA GANDHI )

sabato 22 marzo 2014

Politic Fair Play




Nel calcio, da quando ne ha dettato le norme nello specifico l’ex calciatore Michelle Platini, dal gennaio del 2007 Presidente dell’UEFA, il Financial Fair Play o Fair Play Finanziario ha il compito di livellare la qualità delle formazioni calcistiche europee impedendo loro di investire patrimoni economici nella costituzione di formazioni ricche dei migliori calciatori del globo a danno delle competitrici magari non in grado di sostenere questo sforzo monetario. Questo progetto è stato introdotto dal Comitato Esecutivo UEFA nel settembre 2009 allo scopo di far estinguere i debiti contratti dalle società calcistiche e a indurle, nel lungo periodo, ad un auto-sostentamento finanziario. Il piano di fair play finanziario si prefigge diversi obiettivi:
Dare al sistema finanziario delle società un ordine e una razionalità
Stimolare l'auto-sostenibilità delle società, soprattutto a lungo termine
Stimolare la crescita delle infrastrutture
Stimolare la crescita dei settori giovanili
Incoraggiare la società a competere soltanto entro i propri introiti
Accertarsi che le società onorino gli impegni finanziari nei tempi prestabiliti
Diminuire le pressioni sulle richieste salariali e sui trasferimenti
Limitare gli effetti dell'inflazione nel mondo calcistico

Ebbene, io credo che questo progetto sia da prender d’esempio per morigerare il mercato in Europa. Tutto il mercato, intendo. E’ giusto che all’amministratore di una ditta che perde commesse, licenzia il personale e di fatto impoverisce un’azienda venga riconosciuto un benefit solamente perché ha distribuito un utile agli azionisti? Tutti in coro diciamo di no ma nessuno ha la più vaga idea di come interrompere questa prassi consolidata. In nostro aiuto, per una volta tanto, c’è l’esempio del calcio. Se lo Stato non riconoscesse questa prassi e la punisse fiscalmente ci troveremmo di fronte ad una nuova frontiera rooseveltiana del mercato e del liberismo. Nessuno può violare le regole di base della competizione economica, nemmeno in nome del “sacro” capitale (come sta avvenendo oggi davanti ai nostri occhi). Se l’ex Presidente USA fosse ancora vivo insegnerebbe ai suoi bis-bis-bis-bis-ecc. nipoti che il Fisco non è un nemico da combattere né una slot machine con cui giocare fino all’infinito bensì un indirizzo politico, grazie al quale combattere i comportamenti umani più beceri e distruttivi e favorire quelli biologicamente più efficaci.