Alla
politica italiana, alla luce degli scandali dell'EXPO e del
MOSE
(prossimamente anche il TAV?), veniva richiesto a gran voce
un
segnale sulla strada della lotta alla corruzione. Puntuale,
preciso e
spedito, una “viva e vibrante” risposta è arrivata. La
Camera
dei Deputati ha approvato un provvedimento che inasprisce la
responsabilità della Magistratura permettendo a chiunque di
chiedere
il risarcimento dei danni subiti dalla Giustizia (per
manifesta
violazione di un diritto e non solo per dolo o colpa grave)
direttamente ai suoi attori e non, come avviene oggi, in
maniera
indiretta (e cioè con il tramite dello Stato). Quale potrà
essere
la naturale conseguenza di questo fatto? Difficile dirlo.
Certamente,
una pesante ombra cala sui vincitori delle ultime elezioni
(il
provvedimento è passato anche con i voti di una buona parte
del PD)
e sul Governo. Del resto, il premier Renzi aveva
recentemente
affermato che il problema della corruzione in Italia non era
dovuto
ad un deficit di regole ma alla presenza di “ladri” nelle
file
dei partiti. A tratti, questa dichiarazione ricorda quella
di G. W.
Bush allo scoppiare degli scandali finanziari di inizio
secolo che
coinvolsero (e travolsero) colossi dell'economia
statunitense come la
Lehman Brothers. L'ex Presidente USA spiegò che il sistema
andava
bene, che era forte ma che in esso si trovavano delle “mele
marce”.
L'immagine evocativa dei migliori concetti dell'agricoltura
(l'albero
è sano ma va potato di rami e frutti che lo indeboliscono)
colpì
l'opinione pubblica e venne ripreso da quasi tutti gli
organi
d'informazione. A distanza di più di un decennio un italiano
(il
Premier) riprende questo leit motiv e anziché affrontare il
problema
con il suo solito piglio (lui stesso si definisce un
politico del
“fare”) tentenna e minimizza lasciando a noi operatori
dell'informazione il sospetto che a risolvere questo
grattacapo non
possa essere la politica (che evidentemente non può o non
vuole
farlo), né la popolazione (che ha riconfermato questa classe
dirigente) ma ancora una volta la Magistratura. A tutt'oggi,
è
l'anello debole della catena che deve farsi carico della
solidità
della legatura. Per il suo stesso bene.
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